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La tutela dei nostri dati personali è affidata alla competenza esclusiva dello Stato 

È quanto si legge nella sentenza n. 69 della Corte costituzionale depositata lo scorso 23 aprile 2024, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 3 della legge della Regione Puglia n. 13 del 2023 in quanto violante gli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e invadente le competenze legislative esclusive dello Stato nella materia «ordinamento civile».

La vicenda

L’articolo 3 della legge della Regione Puglia n. 13 del 2023, nella parte in cui disciplina l’installazione di sistemi di videosorveglianza all’interno delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, è stato sottoposto al vaglio di legittimità costituzionale dal Presidente del Consiglio dei ministri per la violazione di diversi principi costituzionali.

La disposizione in parola, in particolare, si sarebbe posta in contrasto con tre parametri costituzionali.

  1. In primo luogo, il riferimento è all’invasione della materia riservata all’ «ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiché detterebbe una disciplina concernente il trattamento dei dati personali, ambito ascritto alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  2. In secondo luogo, poiché si disinteresserebbe completamente della posizione dei lavoratori con particolare riferimento alle garanzie a loro assicurate dalla disciplina statale dello “Statuto dei Lavoratori” con che regola le condizioni di ammissibilità dei controlli a distanza dei lavoratori sul luogo di lavoro e comunque , risulterebbe altresì ì violata la materia «ordinamento penale», di cui al medesimo art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto l’art. 3, comma 5, della legge reg. Puglia n. 13 del 2023 attribuirebbe all’autorità giudiziaria il compito di accedere alle videoriprese, senza individuare l’intero plesso normativo di riferimento, da rinvenirsi anche nel d.lgs. n. 51 del 2018.
  3. Da ultimo, a fronte di una disciplina del trattamento dei dati personali prevalentemente regolata da fonti dell’Unione europea, il Presidente del Consiglio dei ministri lamentava la violazione anche dell’ 117, primo comma, Cost., in relazione al regolamento n. 679/2016/UE e alla direttiva 2016/680/UE.

 

Il ragionamento condotto dalla Corte Costituzionale

I Giudici delle Leggi hanno analizzato la vicenda partendo da una considerazione sostanziale: la protezione dei dati personali concerne la disciplina volta alla tutela delle persone fisiche e giuridiche sia con riguardo ad aspetti di diritto sostanziale (raccolta e trattamento dei dati) sia, sotto diverso profilo formale, con riguardo all’insieme delle norme che garantiscono una tutela giurisdizionale.

Per tali motivi la materia appartiene all’ordinamento civile.

Inoltre, la Corte rileva che l’Unione europea, nell’esercizio della competenza fissata nell’art. 16 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, detta una complessa disciplina in materia di trattamento dei dati personali, che «trova completamento e integrazione nelle fonti nazionali».

L’attuale disciplina della protezione dei dati personali, pertanto, si compone di un complesso di fonti normative il cui centro, senz’altro,  è rappresentato dalla normativa euro-unitaria di carattere generale affidata al regolamento n. 679/2016/UE, che trova completamento e integrazione nelle fonti nazionali, a partire dal d.lgs. n. 196 del 2003 (come modificato e integrato) e dal d.lgs. n. 101 del 2018, che ha coordinato le disposizioni nazionali vigenti in materia di protezione dei dati personali.

Oltre a ciò, assoluta importanza è rivestita dai provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali (Sezione II, Capo VI, del regolamento n. 2016/679/UE), a partire dal provvedimento di carattere generale in materia di videosorveglianza,

In buona sostanza il contrasto con i vincoli derivanti dall’UE e con la competenza legislativa statale esclusiva – evidenzia la Corte Costituzionale – emerge tanto a fronte di rinvii parziali, quanto in presenza di una disciplina puntuale euro-unitaria e statale.

Conclusioni

Secondo il Giudice delle leggi, pertanto, la Regione non può dunque regolare autonomamente la materia, né operare una selezione di fonti e di previsioni, «che, all’interno dell’articolato plesso normativo contemplato sia dall’Unione europea sia dal legislatore statale, sono chiamate a disciplinare questa complessa e delicata materia», poiché in tal modo «non solo si sovrappone alle normative euro-unitaria e statale, travalicando le proprie competenze, ma oltretutto effettua una arbitraria scelta, il cui contenuto precettivo equivale a ritenere vincolanti le sole regole individuate dal legislatore regionale e non anche le altre», dettate dall’Unione europea e dal legislatore statale.